01 aprile 2013

VERMUTH BIANCO DI PRATO



Nel bellissimo vagare in questo magico mondo della gastronomia, una cosa che mi ha particolarmente colpito sono le mani. Ci sono mani curatissime con unghie laccate a regola d'arte, che noi donne ammiriamo, ma ci sono mani curate, non laccate di smalto, con vistosi segni di lavoro ma laccate di un sorriso che illumana i volti più stanchi e le lotte contro la burrocrazia del fare.

Questo è quello che ho pensato quando ho conosciuto Fabio e Cristina, li ho incontrati a Taste e ci salutammo con la promessa di passare a trovarli... detto fatto 10gg ed ero da loro.
La oro storia nasce in un ristorante-enoteca dove Fabio, chef e sommelier, dava libero sfogo alla sua creatività, che in quegli anni era decisamente rivoluzionaria per la ristorazione pratese, e servita con maestria di particolari da Cristina che spiegava i perchè ed i per come ai suoi clienti conducendoli anche negli abbinamenti dei vini, seguendo i ragionamenti del marito.
In un clima di ricerca, di prova e di miglioramento proponevano ai loro avventori anche loro ricette di mostarde o confetture per abbinamenti con salumi o formaggi, da quì una maggiore richiesta di questi prodotti anche dagli stessi avventori i quali si sarebbero volentieri portati a casa un vasetto di quella mostardina squisita...
Ecco da dove nasce l'evoluzione della loro attività, nel 2003 apre "Alla Gusteria", stesso nome dall'enoteca, dove vengono prodotte confetture, mostarde e gelatine per abbinamenti con salumi e formaggi. La particolarità è nel tipo di produzione, artigiana penso che sia troppo industriale come definizione, la materia prima lavorata per lotto non supera i 5Kg, con una selezione della stessa quasi maniacale partendo dalla selezione del produttore, alla stagionalità fino ad arrivare alla scelta e la pulitura che avviene a mano. La cottura è rapida ma efficace, viste le poche quantità lavorate per lotto, questo fa si che che profumi, colori e prorpietà organolettiche non si alterino.
Stesso discorso lo possiamo fare per la linea "Osteria dei Cotti" con la quale vengono proposti i cavalli vincenti della cuicina toscana con il concetto "parodiano" dell'apri e gusta. In bellissimi barattoli di vetro squadrati vengono proposte ribollite, fagioli all'uccelletto e chi più ne ha più ne metta, basta svitare il tappo, scaldare velocemente e gustare la piacevolezza delle verdure fresche, cucinate ad arte seguendo la tradizione.


Per questi prodotti, essere prodotti a Tavola in provincia di Prato, sembra quasi un destino ;-) ma nello stesso destino è rientrato anche il recupero del Vermuth Bianco di Prato. La sua ricetta è antichissima del 1750 ma mai codificata, cosa che invece i piemontesi qualche anno dopo fecero subito con il loto Vermuth.
La ricetta risale ad una tradizione contadina ormai scomparsa, le massaie preparavano questa bevanda con uva bianca e ed erbe raccolte nei campi e veniva servito come aperitivo o digestivo solitamente durante le feste natalizie.
La particolarità del prodotto stà nelle erbe utilizzate ma anche nella manualità per prepararlo perchè oggi come all'ora non vengono utilizzati nessun tipo di attrezzo per produrlo se non l'esperienza e le mani.
In un ottimo vino bianco, trebbiano e chardonnay ancora acerbo, vengono messe a macerare 15 erbe aromatiche, officinali spontanee e spezie, che in precedenza vengono pestate in un mortaio di marmo, prima di terminare il tutto viene aggiunto poco zucchero e dell'alcool. Viene lasciato a maturare per qualche giorno e poi viene filtraro ed imbottigliato.
Parlando con Fabio e Cristina mi hanno detto che lo usano per cocktail, la maggior parte da aperitivo, però in estate è splendido ghiacciato a fine cena... io personalmente lo apprezzo molto anche così al naturale a temperatura ambiente.

In cucina ancora pochi esperimenti, sono sicura che spulciando qualche dolce si trova, però personalmente ho fatto un riso sfumato al Vermuth Bianco di Prato con capesante al vapore e semi di papavero.



Per 4 persone:

300g di riso Carnaroli Riserva San Massimo
3 filetti di acciuga sott'olio
1 spicchio d'aglio
1/2 bicchiere di Vermuth Bianco di Prato
900g di brodetto di pesce
12 capesante
20g di burro
sale, olio

In una capiente pentola ho messo dell'olio, uno spicchio d'aglio schiacciato (evitiamo i ritorni di fiamma) ed i tre filetti di acciuga, si lascia andare il tutto cercando di far sciogliere i filetti di acciuga non a fuoco troppo forte. Una volta pronto il fondo butto il riso e lo lascio tostare a fuoco dolce per 7 minuti girandolo in modo da far tostare ogni parte del chicco.
Tascorsi i 7 minuti verso il 1/2 bicchiere di vermuth Bianco di Prato e lo lascio sfumare, in un unica volta aggiungo il brodetto di pesce e copro con il coperchio la pentola, imposto 11 minuti sul timer e regolo la fiamma in modo che sobbolla il tutto.
Nel frattempo salto in padella le capesante con dell'aglio e del peperoncino che poi toglierò dalla padella... giusto un minuto per prendere sapore ed in fine a fiamma spenta spolvero con i semi di papavero.
Finita la cottura del riso spengo la fiamma e lascio riposare per 3 minuti il riso il modo che rilasci l'amido... trascosi questo tempo "cerco" di mantecare il riso facendoli fare un'onda e poi aggiungo il burro e continuo a farli fare l'onda.
Compongo il piatto aggiungendo le capesante.



Sicuramente vi consiglio di provare l'originale dallo Chef Vito Mollica

Food in Progress


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